Oggi il rapporto con la tecnologia si è fatto più complesso e articolato. Ognuno di noi, in diversa misura, è diventato tecnodipendente: l’impiego della tecnologia è totalmente presente nelle nostre vite; diventa sempre più difficile fare a meno di uno smartphone o di un pc. Se questo è vero per noi adulto, che ci siamo adattati a queste nuove abitudini, lo è ancor di più per i giovani adolescenti, che sono nati “tecnologici”. Per loro gli apparecchi tecnologici veicolano molte informazioni, attraverso l’utilizzo di “app” che quotidianamente vengono scaricate. Limitiamoci a considerare internet. Esso è un potente strumento che risponde a due bisogni degli adolescenti: la ricerca di informazioni e la comunicazione. Se la prerogativa dell’adolescenza è la sperimentazione, allora il web fornisce una risposta privilegiata al giovane e al suo bisogno di relazionarsi (online) e di esprimere sentimenti ed emozioni in modo adeguato (i profili Facebook e i blog ben si prestano a rispondere a queste esigenze). Esiste, però, l’altra faccia della medaglia, che presenta importanti rischi. Pensiamo ai contenuti che in un batter d’occhio compaiono sui nostri display: cyberbullismo, abuso di alcol e droghe, terrorismo, crimini violenti, suicidi, pedofilia. Questi temi comportano un rischio maggiore se a leggerli è un adolescente particolarmente vulnerabile. Rischi connessi, oltre che ai contenuti reperibili, a un uso eccessivo dei dispositivi tecnologici, che porta a svariati comportamenti problematici e che va a “danneggiare”, soprattutto ma non solo, la relazione con i genitori; sono naturalmente comportamenti che suscitano preoccupazione e senso di impotenza nei genitori, che non sanno più come trattare con loro figlio/figlia.
Il termine dipendenza pare del tutto adeguato nel riassumere un tale comportamento, bisogna però essere cauti nel parlare di dipendenza in età adolescenziale. Un utilizzo eccessivo di strumenti tecnologici è quasi fisiologico a quest’età. Rammentiamo che è un’età peculiare, complessa, e soggetta a continui cambiamenti. Gli adolescenti, per natura, affrontano difficili questioni legate alla costruzione di una propria identità. In quest’ottica il web è un luogo ideale dove esprimere i propri disagi e le proprie problematiche esistenziali. Il pericolo principale sta proprio nella possibilità che il web diventi la parte centrale della vita dell’adolescente, il focus su cui far convergere tutte le proprie energie, non il mezzo per raggiungere un obiettivo ma il fine da raggiungere. Pensiamo, dunque, al web come a un rifugio per la mente, un rifugio che però, se inizialmente fornisce protezione, diventa poi uno stile di vita e un luogo fantastico e immaginario dove il giovane sceglie di abitare, e che porta a conseguenze negative e dannose per il benessere e la salute psicologica e fisica.
Come se ne accorgono i genitori?
Lo strumento tecnologico diventa dominante sulla quotidianità, portando innanzitutto a problemi nella vita scolastica e relazionale. Quando si superano le 4/5 ore al giorno, e un utilizzo dello strumento durante le ore notturne, spese non per fini di studio o conoscenza, ma per giochi virtuali e chat room, si è in presenza di un segnale al quale dare grande attenzione. Questo aspetto già fa riflettere sulle altre conseguenze dell’eccessivo utilizzo. Questa mole di ore trascorse online toglie chiaramente del tempo, oltre che allo studio, alle attività personali e agli hobby maturati fino al quel momento, che perdono di interesse ed entusiasmo. Inoltre, annulla le relazioni e le interazioni faccia a faccia, totalmente soppiantate e sostituite con quelle fittizie nel web, portando a un conseguente maggiore isolamento sociale.
Oltre a questo, si possono osservare dei comportamenti che sono una conseguenza dell’eccessiva stimolazione dei display e dei contenuti: un periodo che comprende da 6 a 9 ore al giorno, più le ore notturne, stimola in maniera importante gli occhi e le attività del nostro cervello. Gli adulti che lavorano anche solo 2 ore al pc, conoscono bene la sensazione di secchezza degli occhi, il fastidio della luce e la stanchezza “mentale”. L’uso eccessivo di un dispositivo tecnologico porta a una modificazione dell’umore, alla perdita di appetito e di sonno, a emicranie e vertigini (pensiamo che lo strumento sovraccarica il nostro cervello, che non riesce a sostenere tutta questa attività), a una diminuzione della tolleranza, a un’accentuazione dei conflitti con gli altri, fino agli estremi delle crisi di astinenza (con grave irrequietezza quando si è offline), dei disturbi dell’alimentazione, dell’ansia e della depressione.
Cosa si può fare per aiutare questi adolescenti e i loro genitori?
Chi legge sarà naturalmente e legittimamente preoccupato di fronte a tutte le problematiche che può causare l’utilizzo eccessivo di uno strumento tecnologico. Esistono, per fortuna, dei validi strumenti nel fronteggiare tali complesse situazioni. Primo fra tutti, non dimentichiamolo, è chiarire e intercettare le ragioni che hanno spinto il/la giovane a rinchiudersi nel mondo virtuale. Ancora una volta, il significato che quel comportamento ha per il ragazzo/la ragazza (a quale bisogno risponde? a che cosa gli/le serve? Perché a qualcosa serve, non capita per caso). È, dunque, necessario individuare queste “origini”, contestualizzandole all’interno delle difficoltà che sta attraversando quel ragazzo/quella ragazza. Un efficace lavoro si svolge se, parallelamente alla comprensione di quanto detto sinora, si interviene sul comportamento disfunzionale con lo scopo di bloccarlo, estinguerlo, e di sostituirlo con delle condotte appropriate. Un lavoro parallelo del genere è necessario: la comprensione delle “origini” senza la considerazione dei comportamenti nell’attualità non porta molto lontano, viceversa serve a poco lavorare sul comportamento disfunzionale senza capirne il significato. Questo è importante sia per l’adolescente che per i genitori. Ci sono numerosi interventi che il professionista può attuare, ma questa non è la sede più idonea per farne una disamina. Essi saranno calibrati e discussi sulla base della specifica situazione (io professionista cosa posso fare per aiutare al meglio queste persone? Quelle che ho di fronte in questo momento e in questo luogo, che mi riportano questo problema), ponendo i riflettori proprio sugli aspetti considerati sinora.